“Mi Tular” in antico etrusco significa “Io sono il confine”.
In questo lembo di terra ghiacciata incastonato nel Mar Glaciale Artico, orsi polari e uomini si contendono un confine invisibile. La parola “Tular” riporta alla mente il mito dell’Ultima Thule, l’ultima isola al di là del mondo conosciuto. Per lungo tempo le Svalbard – isole dove in inverno la temperatura scende fino a -30°, la luce è un miraggio che dura poche ore al giorno e gli orsi polari superano numericamente gli abitanti – sono state meta di lavoro per un periodo limitato, luogo di passaggio in cui fare qualche soldo per costruire poi la propria vita sulla terraferma. Tuttavia, negli ultimi anni qualcosa è cambiato: le persone che decidono di rimanere sono sempre più numerose. Ad oggi, si contano circa 2500 abitanti e 3500 orsi polari. Una società variegata e multietnica: 40 le nazionalità presenti sull’arcipelago, anche grazie al Trattato delle Svalbard, il cui articolo numero 3 sancisce la piena libertà di diventare cittadino legittimo senza necessità di visto.